Intervento e volantinaggio a Roma al salone dell’editoria sociale, segue materiale distribuito:
“Leggo molto i libri, li adoro, mi aiutano ad essere libero e a anestetizzare un po’ i miei problemi di salute” (Lettera di Francesco da Caltanissetta)
Dal 2014 chi è sottoposto al regime previsto dall’art. 41bis dell’ordinamento penitenziario (O.P.) non può più ricevere libri, né qualsiasi altra forma di stampa, attraverso la corrispondenza e i colloqui sia con parenti sia con avvocati: i libri e la stampa in genere si possono solo acquistare tramite eventuale autorizzazione dell’amministrazione. È un’ulteriore censura, una potenziale forma di ricatto, in aggiunta alle restrizioni sul numero di libri che è già consentito tenere in cella: solo tre.
Nel novembre 2011 una circolare del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria: il dipartimento del ministero della Giustizia) impose questa restrizione, ma fu bloccata da reclami di alcuni detenuti e detenute accolti nelle ordinanze di alcuni giudici di sorveglianza. I ricorsi opposti da almeno tre pubblici ministeri contro queste ordinanze furono confermati in Cassazione. Infine una sentenza della suprema Corte del 16 ottobre 2014 ha dato ragione al DAP, rendendo così definitiva questa nuova odiosa restrizione.
Il piacere della lettura è noto a chiunque meno nota è, invece, l’importanza vitale che assume per chi si trova in condizioni di detenzione. Continua a leggere Roma al Salone dell’editoria sociale 29ott2016