Roma al Salone dell’editoria sociale 29ott2016

Intervento e volantinaggio a Roma al salone dell’editoria sociale, segue materiale distribuito:

“Leggo molto i libri, li adoro, mi aiutano ad essere libero e a anestetizzare un po’ i miei problemi di salute”  (Lettera di Francesco da Caltanissetta)

Dal 2014 chi è sottoposto al regime previsto dall’art. 41bis dell’ordinamento penitenziario (O.P.) non può più ricevere libri, né qualsiasi altra forma di stampa, attraverso la corrispondenza e i colloqui sia con parenti sia con avvocati: i libri e la stampa in genere si possono solo acquistare tramite eventuale autorizzazione dell’amministrazione. È  un’ulteriore censura, una potenziale forma di ricatto, in aggiunta alle restrizioni sul numero di libri che è già consentito tenere in cella: solo tre.

Nel novembre 2011 una circolare del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria: il dipartimento del ministero della Giustizia) impose questa restrizione, ma fu bloccata da reclami di alcuni detenuti e detenute accolti nelle ordinanze di alcuni giudici di sorveglianza. I ricorsi opposti da almeno tre pubblici ministeri contro queste ordinanze furono confermati in Cassazione. Infine una sentenza della suprema Corte del 16 ottobre 2014 ha dato ragione al DAP, rendendo così definitiva questa nuova odiosa restrizione.

Il piacere della lettura è noto a chiunque meno nota è, invece, l’importanza vitale che assume per chi si trova in condizioni di detenzione. Ciò è ancora una volta dimostrato attraverso l’applicazione di quest’ultimo ennesimo divieto, visto che leggere e scrivere rappresenta da sempre l’unica forma di resistenza alla deprivazione sensoriale a cui sono quotidianamente sottoposti tutti e tutte le detenute in regime di 41bis. Ricordiamo che nel 1995 tale regime detentivo fu definito trattamento inumano e degradante da una delegazione del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (C.P.T.).

Queste le condizioni per coloro costretti nelle sezioni di 41bis:

– isolamento per 23 ore al giorno (soltanto nell’ora d’aria è possibile incontrare altri/e prigionieri/e, comunque al massimo tre, e solo con questi è possibile parlare);

– colloquio con i soli familiari diretti (un’ora al mese) che impedisce per mezzo di vetri, telecamere e citofoni ogni contatto diretto;

– esclusione a priori dall’accesso ai “benefici”;

– utilizzo dei Gruppi Operativi Mobili (GOM), il gruppo speciale della polizia penitenziaria, tristemente conosciuto per i pestaggi nelle carceri e per i massacri compiuti a Genova nel 2001;

– “processo in videoconferenza”: l’imputato/a detenuto/a segue il processo da solo/a in una cella attrezzata del carcere, tramite un collegamento video gestito a discrezione da giudici, pm, forze dell’ordine, quindi privato/a della possibilità di essere in aula;

– la censura-riduzione nella consegna di posta, stampe, libri.

Appare quindi evidente quanto fondamentale sia l’accesso alla lettura e allo studio per resistere all’annientamento causato dalla totale inedia. Dall’applicazione della circolare del DAP, infatti, non è previsto neanche ricevere le dispense.

Questa tortura quotidiana è finalizzata a strappare una “collaborazione”, cioè a costringere, chi la subisce, alla delazione. Nessun fine, quindi, legato alla sicurezza quanto piuttosto all’annientamento dell’identità e personalità.

Le leggi e le norme di natura emergenziale, col passare del tempo, si estendono cosicché ogni restrizione adottata nelle sezioni a 41bis prima o poi, con nomi e forme diverse, penetra nelle sezioni dell’Alta Sicurezza e in quelle “comuni”.

È utile promuovere una campagna di sensibilizzazione e un’iniziativa di tutte e tutti coloro che operano nel mondo della cultura: librerie, case editrici, da appassionati/e della lettura, scrittori e scrittrici, viaggiatori tra le pagine, ecc., volta al ritiro del vessatorio divieto di ricevere libri.

Una campagna volta a sollecitare il DAP a revocare l’esecrabile divieto, inviando per esempio mail, fax, cartoline a questo indirizzo:  

Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria ha sede in Largo Luigi Daga n. 2 – 00164 Roma, centralino: 06 665911 oppure in particolare all’Ufficio detenuti alta sicurezza: mail dg.detenutietrattamento.dap@giustizia.it telefono: 06 665911 fax: 0666156475 

Inoltre nella città di Roma, in  via Triboniano, 5 – 00193 Roma – ha sede il Tribunale di Sorveglianza competente, su tutto il territorio nazionale, del trattamento di chi è rinchiuso all’interno delle sezioni di 41bis.

Per il ruolo che riveste, quindi, non sarebbe inutile far arrivare anche in quegli uffici la nostra voce.

Evitiamo che si metta in catene la cultura 

DICEMBRE 2015 – CAMPAGNA “PAGINE CONTRO LA TORTURA”