Leggo molto i libri, li adoro, mi aiutano ad essere libero e a anestetizzare un po’ i miei problemi di salute”
(Lettera di Francesco da Caltanissetta)
Da alcuni mesi chi è sottoposto al regime previsto dall’art. 41bis dell’ordinamento penitenziario (O.P.) non può più ricevere libri, né qualsiasi altra forma di stampa, attraverso la corrispondenza e i colloqui sia con parenti sia con avvocati: i libri e la stampa in genere si possono solo acquistare tramite eventuale autorizzazione dell’amministrazione. È un’ulteriore censura, una potenziale forma di ricatto, in aggiunta alle restrizioni sul numero di libri che è già consentito tenere in cella: solo tre.
Nel novembre 2011 una circolare del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria: il dipartimento del ministero della Giustizia) impose questa restrizione, ma fu bloccata da reclami di alcuni detenuti e detenute accolti nelle ordinanze di alcuni giudici di sorveglianza. I ricorsi opposti da almeno tre pubblici ministeri contro queste ordinanze furono confermati in Cassazione. Infine una sentenza della suprema Corte del 16 ottobre 2014 ha dato ragione al DAP, rendendo così definitiva questa ennesima inaccettabile restrizione.
l regime di 41bis è il punto più rigido della scala del trattamento differenziato che regola il sistema carcerario italiano. ll 41bis prevede:
– isolamento per 23 ore al giorno (soltanto nell’ora d’aria è possibile incontrare altri/e prigionieri/e, comunque al massimo tre, e solo con questi è possibile parlare);
– colloquio con i soli familiari diretti (un’ora al mese) che impedisce per mezzo di vetri, telecamere e citofoni ogni contatto diretto;
– esclusione a priori dall’accesso ai “benefici”;
– utilizzo dei Gruppi Operativi Mobili (GOM), il gruppo speciale della polizia penitenziaria, tristemente conosciuto per i pestaggi nelle carceri e per i massacri compiuti a Genova nel 2001;
– “processo in videoconferenza”: l’imputato/a detenuto/a segue il processo da solo/a in una cella attrezzata del carcere, tramite un collegamento video gestito a discrezione da giudici, p.m., forze dell’ordine, quindi privato/a della possibilità di essere in aula;
– la censura-restringimento nella consegna di posta, stampe, libri.
Questa tortura quotidiana è finalizzata a strappare una “collaborazione”, cioè a costringere, chi la subisce, alla delazione.
La campagna «Pagine contro la tortura» nasce proprio dalla volontà di promuovere iniziative volte a sensibilizzare librerie, case editrici, appassionati/e della lettura, affinché venga ritirata l’odiosa circolare che impedisce la ricezione di libri. A tal scopo siamo stati, e continueremo ad essere, presenti in varie «fiere del libro» svoltesi in diverse città.
Non abbiamo però dimenticato i/le diretti/e interessati/e, cioè coloro che vivono sulla propria pelle le conseguenze del carcere e delle sue endogene vessazioni.
La giornata del 16 aprile è stata caratterizzata da numerosi presidi fuori dalle galere (Tolmezzo, Cuneo, Parma, Milano-Opera, Terni, Bancali) dove sono presenti le sezioni del 41bis. Ciò al fine di portare la nostra solidarietà e vicinanza a tutti/e i detenuti/e e in particolare a farci sentire da chi è ristretto in regime di 41bis, comunicando loro che non sono soli/e nonostante l’isolamento a cui lo stato li vuole costretti/e.
Nuovi presidi fuori dalle galere sono previsti insieme ad altre iniziative che ancora parleranno di carcere, di uno stato di perenne eccezione ed emergenzialità, di dispositivi di tortura e annientamento messi in atto dai così detti «stati di diritto».
Il 13 maggio alle ore 14:00 ci ritroveremo di fronte al DAP, in Largo Luigi Daga n. 2 – Roma. Vogliamo rendere chiaro, ai responsabili esecutivi di quanto accade dentro le galere (dai suicidi indotti, ai pestaggi, alle torture, ai tentativi di annientamento delle identità e dei sentimenti di solidarietà attraverso il meccanismo di premialità e punizione), che nessuno/a sarà mai dimenticato né lasciato/a solo/a.
Il carcere non è la soluzione ma parte del problema.
Tutti liberi!
Tutte libere!