GALERE: NON UNA QUESTIONE PER POCHISolidarietà ai prigionieri in occasione del presidio che si terrà Sabato 18 Febbraio sotto il carcere di Novara.
Il 18 Febbraio, sotto il carcere di Novara, compagni e compagne si troveranno sotto le mura di un’altra patria galera per esprimere solidarietà ai detenuti ed aggiungere un altro tassello alla lotta contro le carceri, in modo particolare contro la tortura del 41 bis.
Il presidio fa parte di una mobilitazione partita da collettivi e individualità all’inizio dell’agosto del 2015 quando prese avvio la campagna Pagine contro la tortura per denunciare e lottare contro l’ennesima privazione, riservata (per ora) ai detenuti in 41bis: divieto di lettura, sostanzialmente, divieto di leggere ciò che si vuole. Riprendendo, infatti, un provvedimento che oltre 10 anni fa era stato proposto dall’allora ministro della Giustizia Castelli, il DAP (Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria) ha disposto una circolare con la quale si vieta ai detenuti stretti in 41bis di ricevere libri o riviste dall’esterno, sia che questi vengano spediti, sia portati dai familiari o dall’avvocato. Il DAP prevede che il prigioniero possa fare richiesta all’amministrazione carceraria che dovrebbe così far avere il libro richiesto al detenuto. Immaginate con quanta solerzia il carcere ha desiderio di far entrare libri in carcere, per di più se di un certo peso politico. Risultato, come dimostrano già i reclami dei detenuti in 41bis, i libri non arrivano.
Il presidio di Novara è, inoltre, un atto concreto di solidarietà verso le vessazioni e le torture subite quotidianamente dai detenuti: nell’ottobre scorso nel carcere di Ivrea i detenuti che protestavano vennero violentemente pestati e alcuni trasferiti e messi in isolamento.
Eppure, il divieto di lettura, i pestaggi compiuti dietro quattro mura, per di più se lontani dall’abitato, possono sembrare cose che riguardano pochi, chi le subisce o al più qualche manciata di individui solidali. Eppure la nostra terra, quella sotto i nostri piedi, ci racconta una storia diversa. La Sardegna da sempre ha rivestito un ruolo centrale nello scacchiere carcerario dello Stato Italiano e non solo. Sin dalla fine degli anni ’90 le potenze Nato sancivano la necessità per gli Stati occidentali di dotarsi di carceri di massima sicurezza, preferibilmente isolate. A partire dal 2009, insieme alla circolare del DAP che sanciva la necessità per “I detenuti sottoposti al regime carcerario speciale di essere ristretti all’interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero all’interno di sezioni speciali e separate dal resto dell’istituto” si dava avvio al Piano Carceri: in Sardegna spuntavano come funghi 4 nuove carceri, più di 285 milioni di euro per 2.700 posti letto (1.500 per i detenuti provenienti da altre carceri), strutture dotate o di sezioni a 41bis o di sezioni AS.
Così come la Nato anni or sono decretò per la Sardegna un futuro di militarizzazione per il suo importante ruolo nel Mediterraneo, così ancora una volta l’isola venne scelta per diventare una terra di carcerazione. Basi e carceri, due tasselli di uno stesso puzzle, quello che delinea una nuova strategia degli Stati per il controllo capillare del sociale, per i piani di conquista di altri territori, per una logica sempre più introiettata in ognuno di noi che lo stato ci protegge. Le basi, come le carceri, rappresentano una sottrazione di territorio alle popolazioni. Le basi, come le carceri, rappresentano l’uso e abuso della Sardegna agli interessi del capitale. Le basi, come le carceri, sono i due volti di una stessa occupazione militare.
Così come le basi assicurano la possibilità di organizzare i conflitti oltre mare, così le carceri rappresentano una funzione repressiva basata sull’isolamento totale dei prigionieri sia dal loro contesto di riferimento sia dentro le carceri stesse; una funzione di controllo poiché sono un oggettivo presidio militare sul territorio; una risposta all’immaginario securitario che ha come obiettivo quello di far del Regime speciale un Regime per tutti poiché le norme di inasprimento che ora vediamo solo per alcuni prigionieri saranno piano piano allargate a tutti gli altri.
Il carcere è parte integrante della ristrutturazione in atto del capitale, è il braccio armato che ci si sta stringendo intorno, le mura che aspettano di “accogliere” tutti quelli che si oppongono a questa guerra in atto.
La galera, dunque, è ancora questione per pochi?
SOLIDARIETA’ AI DETENUTI IN LOTTA
SOLIDARIETA’ AL PRESIDIO SOTTO IL CARCERE DI NOVARA