Da Radiazione.info

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Nell’ambito della campagna “Pagine contro la tortura” intervistiamo l’avvocato Caterina Calia del foro di Roma e un compagno dell’Archivio Primo Moroni di Milano.

Con l’avvocato Calia abbiamo cominciato con un approfondimento sui canali di Radiazione riguardo al tema dell’articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario; l’avvocato ha ripercorso brevemente cosa implica il carcere duro, con un focus specifico sulla restrizione di ricevere libri dall’esterno della struttura carceraria e anche l’impossibilità ad abbonarsi a riviste o periodici della stessa stampa borghese, con il chiaro intento di impedire che si conoscano i detenuti in 41bis e dove questi sono reclusi. Ad oggi vi è una sola ordinanza di un magistrato di sorveglianza di Spoleto che si è espresso contrariamente a questo tipo di restrizione, un primo passo a livello giuridico che si spera possa essere l’inizio di un meccanismo che riveda questo divieto imposto. Si è rilanciata la campagna Pagine Contro la Tortura, ribadendo l’importanza fondamentale della mobilitazione di solidarietà per inceppare questo meccanismo.

Intervista ad un compagno dell’Archivio Primo Moroni sull’andamento della campagna sul fronte delle case editrici e delle librerie che si sono date disponibili a creare un catalogo di pubblicazioni da mettere a disposizione dei detenuti in regime di 41bis. Il compagno spiega bene gli obiettivi che si sono dati e quali iniziative hanno fino ad ora messo in campo per cercare di allargare la campagna a tutti quei settori coinvolti direttamente nell’ambito culturale, anche con il fine di sensibilizzare le persone su quanto accade all’interno delle carceri.

“Il regime di 41bis è il punto più rigido della scala del trattamento differenziato che regola il sistema carcerario italiano. Adottato trent’anni fa come provvedimento temporaneo, di carattere emergenziale, si è via via stabilizzato e inasprito. In questa condizione detentiva ci sono oggi ben oltre 700 prigionieri e prigioniere all’interno di carceri sparse in tutt’Italia.
Da alcuni mesi chi è sottoposto al regime previsto dall’art. 41bis dell’ordinamento penitenziario non può più ricevere libri, né qualsiasi altra forma di stampa, attraverso la corrispondenza e i colloqui sia con parenti sia con avvocati: i libri e la stampa in genere si possono acquistare solamente tramite autorizzazione dell’amministrazione. Questa è un’ulteriore censura, una potenziale forma di ricatto, in aggiunta alla restrizione sul numero di libri che è consentito tenere in cella: solo tre.
Una società che sottostà al ricatto della perenne emergenza, alimentata da banalizzazioni e allarmismi, si rende consenziente alle vessazioni e torture di cui il blocco dei libri è solo l’ultimo, più recente, tassello.
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