Volantino distribuito davanti all’Ospedale San Paolo (Mi) a proposito della sez.clinica interna per gli ammalati sottoposti al regime 41bis

Milano novembre 2015

Il regime carcerario 41bis è violenza dello stato nelle carceri che si ripercuote sull’intera società. Esempio ne è quanto avviene all’ospedale San Paolo del quartiere Barona (Milano sud-ovest)

Milano sta conoscendo una crescente militarizzazione in relazione all’aggravarsi delle condizioni di lavoro e di vita, in particolare delle giovani generazioni, dell’immigrazione lavoratrice.

La militarizzazione si manifesta, in concreto nel dispiegamento di polizia, carabinieri e militari nei quartieri; nell’installazione di impianti videosorveglianza in ogni dove, nei centri commerciali, nelle stazioni ferroviarie.

L’installazione nel 2011 dentro questo ospedale della sezione clinica per gli ammalati sottoposti al regime del carcere “duro” chiamato 41bis, compiuta senza dare la parola al quartiere, è parte della militarizzazione accennata. E’ divenuta realtà per volontà del Ministero della Giustizia e della regione Lombardia che hanno stanziato “800 mila euro per la sua costruzione, presso il Reparto Medicina, ridimensionando l’area attualmente occupata dagli ambulatori e dal laboratorio analisi” (da Interrogazione regionale dell’aprile 2012)… mentre invece in questo ospedale, per esempio, rimane gravemente inadeguato, da anni, il reparto Neuropsichiatria per minorenni;  vengono tagliati posti-letto come negli ospedali di tutta Italia, in Lombardia oltre 6mila; licenziati infermiere-i che si oppongono ai tagli sulle buste paga, alle prepotenze dirigenziali… Allo stesso tempo la sezione del 41bis, informa il sindacato aziendale dell’ospedale (USI):

“… sottopone il personale sanitario ospedaliero perfino alle direttive organizzative (ricche di omissis) dellamministrazione penitenziaria trasformando così gli infermieri in potenziali secondini.”

e soprattutto che: “E’ poi del tutto fuori luogo e fin ipocrita invocare l’art. 32 Cost. It. a tutela del diritto alla salute dei detenuti, quando è proprio il regime speciale ex art. 41 bis che, proprio perché pregiudica – talvolta in modo irreversibile – la sfera psicofisica del condannato, è la negazione del trattamento sanitario.”

Tortura, autoritarismo, morte sono realtà quotidiana da 30 anni nelle sezioni del 41bis, che, nei piani di chi esercita il comando nelle carceri, deve modificare a propria immagine la quotidianità dell’intero sistema carcerario. Basti considerare all’impiego dell’isolamento, dei trasferimenti, delle mille imposizioni-restrizioni-punizioni, quali il blocco della corrispondenza, il “processo in videoconferenza”, dirette a cancellare la dignità della persona: oggi vengono applicate con crescente frequenza in tutte le carceri contro chi non abbassa la testa, non accetta di essere ridotto in schiavo, sottomesso, servo.

La mossa più recente (ottobre 2014) di questo agire assassino è il “divieto” a ricevere libri, riviste, stampe attraverso la corrispondenza e i colloqui; potrà riceverli solo se acquistati dal carcere.  Ciò che nella realtà si trasforma in negazione del libro, che, nella quotidianità carceraria ha un posto particolare, come descritto nella seguente lettera di una persona chiusa nel carcere di Opera:

 “Togliere i libri ad un prigioniero in condizione di ristrettezza tipo 41bis, 14bis (*) o isolamento è un’ulteriore tortura psicologica, visto che in questi regimi di solito non si ha niente e non si ha contatti con i compagni/e di detenzione, essendo che non tutti i prigionieri/e hanno la possibilità economica di acquistare i libri, vengono tenuti in balìa della solitudine che in galera è la cosa più brutta che ti può capitare (…). Ho parlato con compagni/e che sono stati in regime di 14bis, senza fornelli, tv, compagnia di compagni di detenzione, hanno cominciato a parlare da soli per sentire almeno la vicinanza della voce come compagnia e che ne sono usciti traumatizzati. Un uomo che non vede davanti a sé stimoli è soggetto a pensare e in detenzione i pensieri non sono belli, e questo porta ad impazzire o, addirittura, a togliersi la vita… I libri in galera sono essenziali.” (maggio 2015)                                                                                                                              

Il carcere da sempre è una delle armi per imporci gli interessi di chi tiene in mano produzione commercio, denaro. Si rivolge soprattutto a chi non ha nient’altro che le proprie braccia per lavorare e in condizioni sempre più schiavistiche, fragili, oggi rovesciate sulle giovani generazioni. L’agire dei governi, come l’Alfano-Renzi in carica oggi, ne è la macabra conferma. Lottare assieme a chi nei posti di lavoro come nelle carceri resiste, non si piega a ricatti, divieti, isolamento, anche, troppo spesso, alla morte, è fondamentale per ribaltare la situazione.

(*)    Art. 14bis dell’ordinamento penitenziario: regime di sorveglianza particolare (aggiunto da art. 1, legge 663/1986).

  1. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche più volte in misura non superiore ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli imputati:
  2. a) che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano l’ordine negli istituti…

[Associazione Ampi Orizzonti, CP 10241 – 20122 Milano  (olga2005@autistici.org) http://www.autprol.org/olga/ ]