L’Aquila 24 nov. 2017 ore 9,00 presidio al tribunale in solidarietà a Nadia Lioce contro il 41bis

Sono passati 14 anni da quando Nadia Lioce è rinchiusa all’interno delle sezioni a regime di 41bis o.p.
Il 24 novembre a L’Aquila ci sarà la terza udienza che la vede sotto processo per aver osato dimostrare, tramite una battitura fatta con una bottiglia di plastica, di non essere stata ridotta a totale silenzio dalla vendetta dello stato che la vorrebbe, invece, annientata. Le persone rinchiuse all’interno del circuito del 41bis non hanno la possibilità di far uscire la loro voce, rendendo pubbliche le condizioni vessatorie quotidianamente vissute sui propri corpi e le proprie menti.
Ma questo processo ci racconta di una protesta fatta a seguito dell’applicazione della circolare del DAP del 2011 che impediva, ai detenuti e detenute in 41bis, di ricevere libri tramite i colloqui. Unica possibilità richiederne l’acquisto a proprie spese, previa eventuale autorizzazione della direzione carceraria. Un’ulteriore potenziale forma di ricatto che si aggiunge alle altre e che hanno come unico fine l’ottenimento di una ‘collaborazione’, cioè della delazione.

Noi saremo lì quel giorno
In solidarietà con Nadia e con il suo grido di dignità
A fianco di chi lotta dentro le galere
Contro il 41bis

Il 24 novembre alle ore 9.00 presidio davanti al Tribunale ordinario di L’Aquila in Via XX Settembre n. 68.

Di seguito ci sposteremo davanti al carcere per portare un saluto ai detenuti e detenute.

Campagna “Pagine contro la tortura”

 

 

 

Solidarietà con Nadia Lioce, a fianco di chi lotta dentro le galere, contro il 41bis

SOLIDARIETÀ CON NADIA LIOCE

A FIANCO DI CHI LOTTA DENTRO LE GALERE

CONTRO IL 41BIS

Sono passati 14 anni da quando la compagna Nadia è rinchiusa all’interno delle sezioni a regime di 41bis.

Il 24 novembre a L’Aquila ci sarà la terza udienza che la vede sotto processo per aver osato dimostrare, tramite una battitura, di non essere stata ridotta al totale silenzio dalla vendetta dello stato. Le persone rinchiuse all’interno del circuito del 41bis non hanno la possibilità di far uscire la loro voce, rendendo pubbliche le condizioni vessatorie quotidianamente vissute sui propri corpi e le proprie menti. Questo processo ci racconta di una protesta fatta a seguito dell’applicazione della circolare del DAP del 2011 che impediva, ai detenuti e le detenute in 41bis, di ricevere libri tramite posta e colloqui. Vincola l’acquisto esclusivamente attraverso l’ufficio preposto dal carcere. La suddetta circolare è stata legittimata, dopo diversi iter processuali, dalla sentenza della cassazione e definitivamente sancita dalla Corte Costituzionale l’ 8 febbraio 2017 http://www.giurcost.org/decisioni/2017/0122s-17.html

Nel 2015 ha avuto inizio la campagna “Pagine contro la tortura” all’interno dei percorsi contro il carcere e dei ragionamenti che ne seguono aprendo ulteriormente una finestra su quello che è il “carcere speciale” come dispositivo punitivo chiaramente in relazione ai cambiamenti sociali.

L’impostazione di questo regime detentivo prevede:

– isolamento per 23 ore al giorno. L’ora d’aria prevede un massimo di 4 detenuti (la scarsa socialità è combinata scientificamente in base ai criteri dalla Direzione guidata dal DAP attraverso DNA, DIGOS, GOM, DIA…);

– colloquio con i soli familiari diretti (un’ora al mese) che impedisce per mezzo di vetri, telecamere e citofoni ogni contatto diretto;

– una telefonata al mese solo nel caso in cui non si sia effettuato il colloquio. Il parente stretto è la sola persona con la quale può entrare in comunicazione. La chiamata può essere effettuata esclusivamente dall’interno di un carcere;

– esclusione a priori dall’accesso ai “benefici” previsti dalla Legge Gozzini;

– impiego dei Gruppi Operativi Mobili (GOM), il gruppo speciale della polizia penitenziaria, tristemente conosciuto per i pestaggi nelle carceri e per i massacri compiuti a Genova nel 2001;

http://www.bv.ipzs.it/bv-pdf/003/MOD-BP-17-071-157_2254_1.pdf

– “processo in videoconferenza”: l’imputato/a detenuto/a segue il processo da solo/a in una cella attrezzata del carcere, tramite un collegamento video gestito a discrezione di giudici, p.m., forze dell’ordine, quindi privato/a della possibilità di essere in aula;

– la censura, taglio e selezione nella consegna di posta, stampe, libri.

Con la legge Gozzini dell’86 viene introdotto il 41bis, per guidare in un primo tempo il sistema punitivo e disciplinare da adottare in ogni carcere. Nell’estate del 1992 a seguito della morte di Falcone e Borsellino all’interno dello scontro tra gli apparati dello stato, il 41bis è diventato la punta di diamante del sistema repressivo carcerario. Dal ‘92 a oggi, questo regime è stato modificato e inasprito, esteso e omogeneizzato e normato come legge. Per esempio, prolungandone l’applicazione, inizialmente prevista nella misura di 3 fino a 6 mesi e con proroghe non automatiche bensì revocabili come rinnovabili, mentre a oggi si applica in prima istanza per 4 anni ed è la persona ristretta a dover dimostrare che non sussistono più motivi per la proroga: dimostrando di essere estraneo ai fatti, o collaborando.

È in questo modo che le leggi e le norme di natura emergenziale permangono e col passare del tempo, si estendono: ogni restrizione adottata nelle sezioni a 41bis prima o poi, con nomi e forme diverse, penetra nelle sezioni di Alta Sicurezza e in quelle “comuni”, e non solo. Un esempio tra tanti è quanto avvenuto ai processi in video conferenza, a oggi estesi anche ad altri circuiti penitenziari e alla trattazione delle commissioni territoriali per le richieste di protezione umanitaria delle persone immigrate.

Inoltre con l’ultima circolare D.A.P del 2 ottobre 2017 (http://www.ristretti.it/commenti/2017/ottobre/pdf/circolare_41bis.pdf)  si è sancita  l’omologazione del trattamento di tutte le persone detenute in regime di 41bis oltre che rafforzarlo e legittimarlo. Nello specifico la quotidianità dei detenuti in 41bis viene programmata in modo totalizzante, citiamo solo alcuni stralci tratti dalla circolare:

assicurare un’attenta attività di osservazione al fine di studiare e analizzare dinamiche dei gruppi e apportare le dovute modifiche con l’obiettivo di impedire tentativi di “avvicinamento” e/o “condivisione” di interessi tra consorterie mafiose espressione di differenti provenienze territoriali, evitando di formare gruppi di socialità “aggregati” e comunque coesi”.

Gli apparati statali repressivi continuano a presentare questo circuito identificando, chi è lì prigioniero, esclusivamente come boss mafioso per ridurre la popolazione carceraria e ricondurla ad un evidente fine di demagogica strumentalizzazione sulla cosiddetta “opinione pubblica”. In realtà, come applicato per la compagna Nadia, il secondo comma della L. 279/2002 estende il regime del cosiddetto “carcere duro” anche ai soggetti imputati o condannati per reati diversi da quelli dell’associazione di stampo mafioso. Tra i reati interessati a questa estensione anche quelli “commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordinamento democratico, mediante il compimento di atti di violenza”.

 L’estensione del 41bis agli altri circuiti è resa evidente per esempio dalla scrupolosa osservazione alla base del dispositivo di isolamento messo in atto all’interno di questi circuiti. Nei circuiti di AS, per esempio, vige questo meccanismo, con la differenza che all’interno vengono rinchiusi soggetti che si ritenga abbiano una stessa matrice politica o…criminologica.

Il prestigio di un carcere è acquisito in maniera sempre più decisa sulla base della sicurezza e non del paravento della “rieducazione”; il fine principe, ripetiamo, è la volontà di ottenere “collaborazione” attraverso la tortura quotidiana.

Il carcere ha plurime funzioni tra cui quella di essere monito per chi decide, per condizione o volontà, di non attenersi ai paradigmi di legalità nonché quella di disciplinare, restituendo alla società esterna soggetti ammansiti e rassegnati.

La strategia del “divide et impera”, attuata con la differenziazione dei circuiti carcerari, è utile a frammentare e prevenire la solidarietà così come avviene nel mondo del lavoro e in quei tanti ambiti della società  in cui tale sistema si concretizza nella “guerra tra poveri”.

Alla luce di ciò, riteniamo che il regime 41bis non sia separato dal resto del carcere né dall’intero progetto politico di ristrutturazione della società.

Per questo lottare contro il 41bis significa lottare contro tutto il sistema carcerario e non solo.

Il 24 novembre alle ore 9.00 si celebrerà, presso il Tribunale ordinario di L’Aquila in Via XX settembre n. 68, il processo a Nadia Lioce.

Noi quel giorno saremo lì in presidio,
in solidarietà con Nadia e con il suo grido di dignità.

A seguito ci sposteremo davanti al carcere per portare un saluto ai detenuti e alle detenute. Campagna “Pagine contro la tortura”

Giorgio Strehler spiega a Milva e tutti noi la canzone “Ma Mi”

Giorgio Strehler spiega a Milva e tutti noi la canzone “Ma Mi” (scritta da lui stesso nel 1962 e musicata da Fiorenzo Carpi).
Tratto dalla trasmissione (per la regia di Enzo Trapani) “Dedicato a Milva” del 1974.

Testo Ma Mi
Serom in quatter col Padola,
el Rodolfo, el Gaina e poeu mi:
quatter amis, quatter malnatt,
vegnu su insemma compagn di gatt.
Emm fa la guera in Albania,
poeu su in montagna a ciapà i ratt:
negher Todesch del la Wermacht,
mi fan morire domaa a pensagh!
Poeu m’hann cataa in d’una imboscada:
pugnn e pesciad e ‘na fusilada…
Rit. Ma mi, ma mi, ma mi, quaranta dì, quaranta nott, A San Vittur a ciapaa i bott, dormì de can, pien de malann!… Ma mi, ma mi, ma mi, quaranta dì, quaranta nott, sbattuu de su, sbattuu de giò: mi sont de quei che parlen no!
El Commissari ‘na mattina
el me manda a ciamà lì per lì:
“Noi siamo qui, non sente alcun-
el me diseva ‘sto brutt terron!
El me diseva – i tuoi compari
nui li pigliasse senza di te…
ma se parlasse ti firmo accà
il tuo condono: la libertà!
Fesso sì tu se resti contento
d’essere solo chiuso qua ddentro…”
Rit…
Sont saraa su in ‘sta ratera
piena de nebbia, de fregg e de scur,
sotta a ‘sti mur passen i tramm,
frecass e vita del ma Milan…
El coeur se streng, venn giò la sira,
me senti mal, e stoo minga in pee,
cucciaa in sul lett in d’on canton
me par de vess propri nissun!
L’è pegg che in guera staa su la tera:
la libertà la var ‘na spiada!
Rit…
(gridando)
Mi parli no!

Lioce, Fahrenheit 451 e il cemento armato

Nadia Lioce è una prigioniera politica sottoposta a regime di 41bis ed è sotto processo per “oltraggio a pubblico ufficiale e disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”. Sono anni che la prigioniera è stata oggetto di sequestro dei libri, quaderni e riviste, scritti personali e documentazione riguardante i suoi processi; un accanimento duro e meschino solo come lo Stato riesce a fare. In carcere si muore, si è uccisi, si viene maltrattati e umiliati e impedire ad un detenuto di leggere e scrivere è come toglierli lentamente l’aria per respirare, le emozioni per sperare e i sogni da coltivare.

 … ecco perché un libro è un fucile carico, nella casa del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l’arma. Castriamo la mente dell’uomo.

La protesta della Lioce è nata dopo l’applicazione della circolare del Dap, il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, che stabilisce di poter mantenere solo due libri in cella e di non poter riceverne altri se non acquistandoli tramite il carcere e previa autorizzazione. Ora va sotto processo perché ha voluto protestare per questo sopruso, battendo le sbarre con una bottiglia d’acqua, accompagnando la battitura col suo odio, disturbando “il quieto vivere” del non vivere dentro un ammasso di cemento armato, armato dallo Stato, vendicativo e oppressivo.

Sono un temperamento asociale, dicono. Non mi mescolo con gli altri. Ed è strano perché io sono piena di senso sociale, invece. Tutto dipende da che cosa s’intenda per senso sociale, non vi sembra?

Lo Stato col 41bis cerca l’annientamento totale, isolando i detenuti 23 ore al giorno, garantendo un unico colloquio al mese di un’ora, impedendo il contatto diretto tramite vetri, telecamere e citofoni e tutto non per la sicurezza, vista la struttura di queste galere, ma col solo scopo di incidere e spezzare l’identità personale del detenuto. Togliere la scrittura e la lettura ai prigionieri significa togliere l’unico modo di resistere alla deprivazione sensoriale, l’unico modo di farli “esistere”. In alcune carceri c’è il divieto di tenere uno specchio in cella, non puoi guardare il tempo che attraversa il tuo corpo, il tempo che ti hanno tolto, il sopruso che solca il tuo viso.

Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.

I detenuti sotto il regime del 41bis sono circa 700 ma ormai è la strada tracciata per la detenzione in generale, per chi alza la testa, per chi pretende di vedere il proprio viso che riflette in uno specchio un sorriso d’odio verso gli aguzzini, per chi con uno sforzo immane riesce ad essere libero in mezzo alle catene. Aguzzini contro il tempo, di un potere vendicativo pronto a giocarsi la partita fino in fondo, con la tortura e l’annientamento umano.

E’ un bel lavoro, sapete. Il lunedì bruciare i luminari della poesia, il mercoledì Melville, il venerdì Whitman, ridurli in cenere e poi bruciare la cenere. E’ il nostro moto ufficiale.

Nadia Lioce con la sua bottiglia d’acqua ha infranto la supremazia totalizzante del carcere, ha trasformato  la rabbia del silenzio in un urlo di forza, determinato a riprendersi le sue parole, a riscrivere le sue storie, a mettere su pagine le emozioni  della sua resistenza; una partigiana, dentro una tomba di cemento armato, armato dallo Stato.

E quando ci domanderanno che cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro: NOI RICORDIAMO, noi non dimentichiamo. Ecco dove, alla lunga, avremo vinto noi.

MORAS – movimento resistenza anticapitalista sardegna